Quando ho deciso di diventare donatrice di sangue era perchè volevo fare del bene, volevo essere utile agli altri. Non solo ho iniziato a donare, ma sono anche entrata da subito a far parte del “Gruppo giovani”. Quel pensiero che il sangue non si fabbrica e che le persone a cui serve devono sperare che qualcun altro glielo doni, mi ha stregata. Perciò ho deciso di farmi portavoce di questo gesto: volevo che le persone si rendessero conto di questa cosa e si avvicinassero alla donazione di sangue.
Certo, l’iter per arrivare alla donazione vera e propria e l’iter di estrazione del sangue mi era chiaro, lo facevo ormai da anni.
Andavo in giro con i miei “colleghi” a divulgare il verbo: “ci sono persone che ne hanno bisogno,anche per un piccolo intervento!”

Addirittura c’ero così tanto dentro che negli ultimi anni ho deciso di partecipare più attivamente facendo parte del consiglio direttivo della mia Comunale…Insomma, la donazione di sangue non era più un taboo, conoscevo qualsiasi aspetto.
Però in un certo senso, oggi, mi sono resa conto che quelle parole raccontate per anni, quelle storielle che in realtà storielle non sono, erano per me qualcosa di intangibile.
“C’è bisogno di sangue siamo in emergenza”…
“Il paziente in ospedale ha bisogno anche di più sacche al giorno”…
“Dobbiamo cercare di arrivare al fabbisogno altrimenti annaspiamo, dobbiamo trovare donatori costanti”…
Si, concetti facili, che mai mi sarei aspettata di affrontare cosi da vicino.

Sono una motociclista e, purtroppo, due settimane fa mi hanno investita: frattura scomposta del piatto tibiale e frattura composta del malleolo: insomma, mi devono operare.
Mentre sono in Pronto Soccorso in attesa di ricovero, ecco che arriva la prima doccia fredda: accanto a me una signora, distinta, senza forze. La guardo: sembra spaesata e spaventata. Mi racconta di aver scoperto un tumore qualche settimana prima e di avere iniziato il primo ciclo di chemio; solo che la troppa debolezza l’hanno portata all’ospedale. Poco dopo le sue parole, un’infermiera esce con una sacca di sangue in mano, la appende all’asta ed inizia a trasfonderlo a questa signora dicendole: “Signora gliene dobbiamo trasfondere due, ogni sacca impiegherà circa 3 ore”.

Alessandra Pavone

Ed io, che in quasi 15 anni di Avis ne ho viste a migliaia di sacche, la guardavo con occhi diversi, con dispiacere misto ad incredulità.
Tutto quello che ho “raccontato” per anni, il “post” donazione….la “fine” delle sacche raccolte….era lì, stava accadendo davanti ai miei occhi.
La signora è stata ricoverata e dentro di me già sento che è già cambiato qualcosa.

La mia avventura però continua: vengo trasferita all’ospedale di Penne perchè l’unico posto libero era lì. Mi operano.
L’intervento dura molto più del previsto. I medici dicono che è stato complesso ricostruire l’osso frantumato.
Però penso, ok, ormai il peggio è passato, in un paio di giorni sarò a casa… E invece no!
Dal giorno dopo inizio a sentirmi sotto tono, debole, giramenti e doloril di testa inauditi.
Mi chiedono di fare una flebo di ferritina, senza spiegarmi nulla; io però non riesco a finirla perchè mi brucia lo stomaco, quindi a metà stoppo. Il giorno dopo non ho le forze nemmeno per tenere gli occhi aperti e dormo quasi tutto il giorno, senza nemmeno rendermene conto. Torna l’infermiere, con quella flebo enorme di ferritina; io sgrano gli occhi e lui preventivamente mi dice: “Cara mi dispiace, ma la tua emoglobina è circa a 7.8…..se non fai questa flebo dobbiamo farti la trasfusione di sangue”.
E mentre mi parla, mi mettono al polso un bracciale del centro trasfusionale con i codici per la trasfusione.
Ecco, il panico: com’è possibile?!? Trasfusione? Sacca? A me? Io il sangue lo dono, perchè ora dovrei riceverlo?!?!?
E poi, siamo in emergenza sangue, e se nonostante la flebo di ferritina l’emoglobina non si rialzasse? Se non avessero abbastanza sacche?
Improvvisamente entro nel vortice del senso di colpa. Mi rendo conto che per la mia passione dei tatuaggi in quasi 2 anni avrò donato forse un paio di volte…cioè il quantitativo che quella signora al pronto soccorso ha terminato in appena 6 ore…
La mente è molto contorta a volte ed io, forse perchè bloccata su un letto senza poter vedere nessuno, mi sento strana e sempre più incredula, come se tutto ciò fosse irreale. Invece è reale eccome: il gesso c’è, la flebo c’è, gli infermieri anche…
Ma per fortuna la mia emoblogina è risalita!  la sacca di sangue non è servita, spero sia utile per qualcuno più grave di me.
Una cosa è certa, non passa giorno che non pensi a quanto accaduto. Mi viene voglia di strillare, di scendere in strada e raccontare a tutti quanto mi è successo, di quanto ho visto.

Sì, perchè molti come me pensano che aver bisogno di sangue sia una cosa cosi lontana, di quelle che succedono solo agli altri… Cavoli, io l’ho sfiorata questa necessità! c’ero quasi, e vi assicuro che questa è una di quelle esperienze che vi cambiano la vita!
Ecco, se prima volevo fare semplice volontariato, adesso voglio raccontare la mia storia, voglio dire a tutti che è vero, che ognuno di noi può averne bisogno, che è davvero come ci dicono!

Alessandra Pavone

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